martedì 31 marzo 2015
lunedì 30 marzo 2015
Più del tuo mancarmi, di Emiliano Gucci (Noripios). Intervento di Nunzio Festa
Emiliano Gucci con i
cinque racconti che compongono la triste melodia di “Più del tuo mancarmi”,
accende fiammiferi nelle nostre viscere. Ogni racconto ci fa male. La
letteratura di Gucci, questa volta, non gioca scherzando col superficiale, come
c’era stato dato in abitudine, ma graffia negli stomaci nostri. Si parte con
una donna che abbandonata dodici anni prima, con figlio in grembo poi chiaramente
cresciuto senza il padre naturale, deve vedersi bussar alla sua porta l’uomo
che l’aveva lasciata a se stessa. Un uomo che torna a parlare dell’amore nei
suoi confronti come nulla fosse successo. Poi un paio di stivali buoni a gelare
un altro padre colpevole. Oppure un uomo appena lasciato dalla sua donna che
decide di catapultarsi in casa dell’amante del suo genitore morto, mentre anche
sua madre sta per morire: quindi il passato raccontato dalla donna rimette
tutto in discussione. E da qui, forse, potremmo dare il senso del libro stesso.
Perché ogni racconto, appunto, gela proprio in quanto capace di spiegarci che
il dubbio mai deve morire. Le storie d’amore che reggono ogni vicenda di Gucci,
tutte dette con voce praticamente esterna al quadro, sono messe in un certo
segno ogni volta in crisi da situazioni che i protagonisti o i comprimari di
queste, mai avevano visto oppure mai avrebbero potuto capire. Gucci ci dice
come nulla è reale al cento per cento. Ci fa vedere quanto possiamo sbagliarci
se pensiamo solamente a coccolare certezze. Tutto può cambiare. Possiamo di
sicuro aver commesso errori. Non aver visto. E ogni chiusa d’Emiliano Gucci,
più raggelante a ogni racconto, sottolinea proprio che non tutto può esser vero
per l’eternità. Con Più del mio mancarmi lo scrittore toscano dimostra che
anche scegliendo il racconto quale genere letterario rimane una delle migliori
penne italiane.
domenica 29 marzo 2015
sabato 28 marzo 2015
venerdì 27 marzo 2015
giovedì 26 marzo 2015
L’Osteria dei Soprannomi di Marco Sommariva con prefazione di Mauro Macario (Chinaski Edizioni). Intervento di Nunzio Festa
“Sommariva è dominato
da due personalità estetiche contrapposte: un realismo che ha le sue radici nel
neorealismo del dopoguerra e poi si dispiega nella contemporaneità con coraggio
ideologico, e un iperrealismo assolutamente imprevedibile che lo trascende
bruscamente e s’accasa nel surreale fumettistico, talora grottesco e
funambolico”. Questa precisa definizione, redatta dal solito Macario, descrive
la scrittura di Marco Sommariva, che per la prima volta apprezzammo al tempo
delle “Pillole Situazioniste” (2005) e della prima edizione de “Il venditore di
pianeti” (2006); libri dati alle stampe – entrambi - dalla romana Malatempora
ai giorni dell’indimenticato Angelo Quattrocchi. Con il nuovo romanzo
“L’Osteria dei soprannomi”, seguito del “Venditore” ristampato nel 2008 dalla
Marco Tropea, troviamo un luogo vero e fantastico posizionatosi di fronte alle
carceri di Sestri Ponente, un posto che insomma: “non chiude mai ed è pieno di
mosche in tutte le stagioni”. Il mondo da raccontare, raccontato dal mago Sommariva.
Nell’Osteria e fuori dall’Osteria. Nelle strade di Sestri, nel cielo di Sestri
Ponente. Personaggi che son un unico, senza evidentemente toglier nulla al
libro, personaggio. L’utopia di Sommariva diviene una presenza fitta di
presenze, fatta di proiezioni di storie e cuori. La feccia della società, che
tutt’altro invece è. Nel giusto e nell’errore, nella bellezza e nella
sporcizia. Al galoppo di citazioni da De André e Guccini. Al trotto
d’invocazioni alle vie degli ultimi e di quelli che gli ultimi han scritto e
cantato. I mondi incantati di Marco Sommariva, i miti tolti dalle scatolette
del disincanto. Le storie reali e surreali di Sommariva sono spiazzanti,
eccessive, estreme. Ma somigliano tantissimo alla verità. Se nelle fogne vivono
bambine e bambini, sulle strade di Sestri scorrono acque di vite perse. Fra
mezze puttane e strani santi laici. Tanti tasselli, mille racconti fanno un
romanzo. E il romanzo breve di Sommariva, nuovamente, è la corta modernità di
noi tutti e tutte. Evviva
l’Osteria, a questo punto.
mercoledì 25 marzo 2015
Finalmente Amori di Fiorella Cagnoni (Zephyro Edizioni) da Overeco Academy and Workshop in collaborazione con la Libreria Palmieri di Lecce
In collaborazione con
la Libreria Palmieri di Lecce ecco il nuovo appuntamento da Overeco Academy and
Workshop in via Casetti 2 a Lecce venerdì 27 marzo 2015 ore 18,30 con la
presentazione del libro di Fiorella Cagnoni dal titolo Finalmente Amori edito
da Zephyro Edizioni. Introduce
l’artista Paola Scialpi, presentano e
dialogano con l’autrice la giornalista Alessandra Bianco, e Donatella Grasso
dell’Associazione Alveare Lecce. Un’isola verde, un paesaggio vigoroso quasi
di-spotico ma non ostile; si capisce che siamo nella scia dell’inverno e si sa
si intuisce, si esclude la possibilità del contrario, – d’estate dev’esser un
incanto. Un’isola con un paese o due e strade case campi barche, un faro, molte
macchie verdi; una piccola isola, più popolosa nei periodi di primavera estate
che d’autunno inverno. L’isola di un’isola – come potrebbero essere Maddalena
per la Sardegna, Santa Cruz per Isabela o le Orcadi per il Regno Unito. Il
clima temperato caldo della nostra isola suggerisce come più probabile una
latitudine ad ogni modo non troppo lontana dal tropico del Cancro. È una storia
d’amore. Si può riassumerla in queste cinque parole. Siamo genti piene di
storie d’amore, tutte le donne e tutti gli uomini del mondo ne hanno almeno una
da raccontare e dunque capiscono queste cinque parole. Ci si potrebbe fermare
qui. Le storie d’amore però come le vite sono una diversa dall’altra e chi le
apprezza non si stancherà di conoscerne una nuova.
Fiorella Cagnoni
(Milano, 1947) ha pubblicato Questione di Tempo, Incauto Acquisto, Arsenico,
Alice Carta in Inghilterra, E Vecchi Merletti, Pasqua Bassa con Delitto - libri
gialli con protagonista l’investigatrice per caso (come la definì Oreste del
Buono) Alice Carta – Due Racconti, il manualetto filosofico meditativo Quattro
Gatti, e il romanzo breve Finalmente Amori. Vive in Salento.
Percorsi di donna di
Paola Scialpi
Mail – paolascialpi@gmail.com
martedì 24 marzo 2015
Perché agli italiani piace parlare del cibo. Un itinerario tra storia, cultura e costume di Elena Kostioukovitch (dal 3 aprile 2015). Con prefazione Umberto Eco (Odoya)
Tutte le regioni
Italiane e tutti i must del cibo nostrano dalle Sagre alle Preparazioni, da
Slow food alla Dieta Mediterranea. 680 pagine mozzafiato con poetiche foto
inedite. Gli italiani e il cibo, un rapporto d’amore raccontato con uno sguardo
inedito. Elena Kostioukovitch è autrice (Sette notti, Bompiani, 2014),
traduttrice, docente e agente russa, ma vive e lavora da anni in Italia: il suo
quindi è un punto di vista del tutto originale nel descrivere il nostro
rapporto con la gastronomia. Un’opera di ampio respiro e acculturatissima che,
nelle sue 680 gustosissime pagine, racconta di tutti i piatti e gli ingredienti
propri della tradizione italiana. Una sorta di “Lettere persiane” alla
Montesquieu con relativo effetto ironico. Ricco di fotografie che illustrano in
modo poetico la vita nel nostro “ghiotto” paese, il volume si sviluppa
alternando ogni regione italiana ad un “fatto culinario” particolare (ad esempio
“Ristorante”, “Materie Prime”, “Sagra”, “Slow food”, ma anche “Eros” e
“Felicità” etc). Impreziosito da una prefazione di Umberto Eco (che
Kostioukovitch traduce per il mercato russo) in veste gourmet, Perché agli
italiani piace parlare del cibo è il volume perfetto per entrare in clima Expo
2015. Come ci vedono dunque gli altri? Inconfutabile lo stillicidio di detti e
frasi fatte a sfondo gastronomico che utilizziamo quotidianamente e senza
pensarci: “andare a fagiolo, come il cacio sui maccheroni, buono come il pane,
rendere pan per focaccia, mettere troppa carne al fuoco”. Un paese con una
tradizione culturale millenaria che nel cibo ha fondato intere tradizioni e
detti con la stessa intensità al Nord come al Sud. Un paese che ha saputo
adattare ai periodi postbellici i propri piatti creando squisitezze con gli
avanzi del giorno prima. Un paese che nell’ultimo ventennio ha creato marchi e
prodotti raffinati per affacciarsi al mercato globale: prova ne sono i punti
Eataly che spuntano in tutto il mondo come funghi.
Ma è nei particolari
che questo libro dà il meglio di sé: le descrizioni minuziose, gli aneddoti e
gli interminabili elenchi ad usum turisti, ma interessanti anche per noi
italiani. “mondare i carciofi alla romana;allargare e schiacciare con un sasso
i carciofi alla giudia;legare gli asparagi; saltare la pasta e farla asciugare
a fuoco gagliardo;lasciar riposare le melanzane sotto sale, perché perdano
l’amaro; battere il polpo vivo; far frollare la carne; sbollentare e spellare i
pomodori, preparare le «listarelle»; tritare i pinoli; ammollare i fichi
d’India; sciacquare lo stoccafisso, cambiando spesso l’acqua; asciugare
l’insalata verde nell’apposita centrifuga; steccare la cipolla con i chiodi di
garofano” etc.
Quando Massimo D’Alema
(pugliese “naturalizzato” romano) se ne uscì con “per governare non basta saper
chiudere i tortellini” fece un autogol clamoroso. Se ne accorsero Indro
Montanelli (tra i suoi detrattori) e l’ex sindaco di Bologna Guido Fanti.
L’inseguirsi di dichiarazioni sui tortellini emiliani, uno dei simboli della
regione “rossa” e delle feste dell’Unità, è esilarante. Kostioukovitch afferma
sbalordita che senza quella battuta probabilmente il governo progressista non
sarebbe caduto di lì a un annetto (1998). Nella descrizione dell’immenso
mercato ittico di via Lombroso a Milano, che alle 2 e 40 del mattino di un
giorno feriale “sembra una sfilata di moda”, si raggiungono i picchi del
reportage di viaggio televisivo. In questa “sfilata” “Gli spettatori sono tonni
e pesci spada, con le protuberanze rivolte contro di noi, e noi ci muoviamo
sulla passerella nella folla di commercianti, ristoratori, ricercatori e
grossisti. Le spade e i martelli sporgono minacciosi, il quadro ricorda non
solo una sfilata di alta moda, ma anche una compagnia di cosacchi prima di un
attacco a sciabola sguainata” etc. Sembra di vederli, sia i pesci che i
pescivendoli intenti a stilare i nuovi cartellini dei prezzi, combattuti tra la
convenienza di mettere un nome impreciso su una cassa di pesce o il rispetto della
legge sulla denominazione… Che dire poi di uno dei prodotti più fortunati della
nostra produzione industriale: la Nutella? A Michele Ferrero, recentemente
scomparso, va il merito di aver creato non solo l’alternativa al peanut butter,
il burro di arachidi tanto amato dai bambini statunitensi, ma anche un vero e
proprio oggetto di culto con i numerosi fan club (vedi il sito
nutellastories.com) o il collezionismo dei bicchieri del packaging. Un capitolo
che guarda al futuro, ma con radici nel passato è quello dedicato a Slow Food.
Kostioukovitch attribuisce molti meriti alla creatura di Carlo Petrini e la
difende da tutti i fraintendimenti in cui potrebbe incorrere il non attento
conoscitore delle pratiche dell’associazione. Con questo volume, che rieditiamo
dopo un decennio, l’autrice vinse il premio Bancarella nel 2007 e non a caso:
dal Tartufo d’Alba alla Nutella, dalla polenta (vituperata dalla letteratura)
ai bucatini al sugo di coniglio di Ischia non c’è prelibatezza che le sfugga.
Russa sì, ma con palato decisamente favorevole alla cucina che tanto ci
contraddistingue.
lunedì 23 marzo 2015
domenica 22 marzo 2015
Old Crown Poetry Party domani 23 marzo 2015 all’Old Crown di Copertino
iQdB
Edizioni (I Quaderni del Bardo Edizioni) di Stefano Donno, I Quaderni del Bardo
di Maurizio Leo, e l’Old Crown di Copertino organizzano il reading Old Crown
Poetry Party lunedì 23 marzo 2015 a
partire dalle 21,00 dove interverranno i poeti Elio Coriano, Maurizio Nocera,
Vito Antonio Conte, Piero Rapanà, Mauro
Marino, Antonio Tarsi, Massimiliano Manieri, Francesco Pasca, Stefano Donno,
Antonio Errico, Maurizio Leo e Anastasia Leo.
l’Old Crown Pub si è distinto nel tempo non solo per l’atmosfera calda
ed accogliente in perfetto stile anglosassone. Infatti l’Old Crown di Copertino
tra la fine degli anni 90 e i primi cinque anni del nuovo millennio è stato uno
dei pochissimi locali del Salento a ospitare i readings dei poeti salentini.
Ora il locale chiude, ma ne rimarrà memoria di questo spazio, anche perché in
diverse pubblicazioni che parlano della storia della poesia e della letteratura
contemporanea salentina si parla delle esperienze poetiche all’interno di
questo spazio. Dunque un omaggio che i
poeti che interverranno fanno a questo storico locale, al suo patron Giuseppe
Trinchera e a cui tutti possono liberamente partecipare. L’azione poetica verterà su un susseguirsi di
tre serie di letture per poeta, e si leggeranno brani editi di autori e poeti
contemporanei salentini e pugliesi
INFO
Old
Crown Pub / V. G. Srafella - 73043 Copertino (LE) / tel: 335 5389028
I
Quaderni del Bardo Edizioni di Stefano Donno
Sede
Legale/Redazione: Via S. Simone 74 - 73107 Sannicola
I Quaderni del Bardo di
Maurizio Leo (supplemento editoriale per
tirature limitate e numerate del periodico Il Bardo)
Redazione: Via Regina
Isabella 2/D - 73043 Copertino (LE) /
Mail - foglidiculture@libero.it
sabato 21 marzo 2015
Una “Storia d'amore” nel Salento che funziona. Intervento di Arturo Alessandri
In
questi nostri tempi è quasi inevitabile lamentare disservizi,
denunciare inadempienze e troppo spesso tali disastri sono,
purtroppo, imputabili al “sud”, forse dimenticando di menzionare,
per contro, ciò che invece funziona bene. E di un organismo che
“funziona” perfettamente mi piace sottolineare l'esistenza. Il
“Museo Civico di Storia Naturale del Salento” che ha sede in
Calimera, è una realtà organizzata e vivace che oltre ad espletare
la sua normale funzione museale si occupa, ormai da lungo tempo, di
problemi ambientali in generale e del recupero e la cura di animali
in difficoltà perché feriti o colpiti da altri accidenti causati
dall'uomo. Ciò che sorprende chiunque, come me, varchi per la prima
volta la soglia del Museo è la grande disponibilità di coloro che
vi operano; la sorpresa cede poi il campo alla meraviglia quando si
scopre che la grande parte del lavoro quotidiano di assistenza agli
animali feriti e non, giorni festivi compresi, è svolta da volontari
che hanno fatto di questa scelta una ragione di vita. Un atto d'amore
verso la natura che si concretizza giorno per giorno con un lavoro
spesso improbo e nascosto che gratifica solo raramente chi lo compie
peraltro senza retribuzione alcuna.
Catalizzatore
di tali energie è il dinamico direttore del Museo Roberto Basso
figura interessante di, naturalista e soprattutto uomo che crede al
suo lavoro e che lo ama profondamente, capace di superare ostacoli
apparentemente insormontabili con la grande forza della sua
convinzione.
Ho
avuto l'opportunità di visionare una documentazione fotografica di
alcuni dei molti “soccorsi” che il centro di pronto intervento
del Museo, definito “113” ecologico, ha effettuato, ed ho scorto
spesso nell'immagine quest'uomo mentre soccorreva un animale in
difficoltà o dava la libertà ad un altro dopo averlo curato,
sapientemente attorniato dai suoi collaboratori altrettanto preparati
e profondamente motivati.
Sorprendente
tanta dedizione? Sinceramente si se confrontata al colpevole
disinteresse di molta parte dell'opinione pubblica nei confronti del
problemi ecologici e faunistici, troppo occupata ad un profitto
gretto miope tanto da non rendersi conto dell'effetto “boomerang”
che tali avvenimenti potrebbero scatenare.
Ma
qualcosa si sta muovendo e ancora una volta la Scuola può offrire un
grosso contributo in questo senso sensibilizzando i ragazzi, meglio
fin da giovanissimi, alla salvaguardia dell'ecosistema attraverso i
più svariati sistemi; non è un caso che la nuova sede del Museo sia
stata visitata dal oltre 15.000 studenti di ogni ordine e grado.
L'incremento
di una coscienza “ecologica” può e deve avvalersi di strumenti
quali il museo di Calimera, e la collaborazione con la popolazione
salentina dovrà essere sempre più stretta ed improntata alla
massima fiducia tanto da continuare ad alimentare quella mai scritta
“storia d'amore tra terra, mare e cielo” che nel nostro Salento
sembra essere ancora più tangibile che altrove. (in redazione Anastasia Leo)
venerdì 20 marzo 2015
giovedì 19 marzo 2015
mercoledì 18 marzo 2015
IL 26-28 MARZO IL PRIMO SEMINARIO INTERNAZIONALE SU LETTERATURA E GIORNALISMO, ORGANIZZATO DALLA FONDAZIONE DINO TERRA, A CURA DI DANIELA MARCHESCHI
Per tre giorni a Lucca, patria di Benedetti e Pannunzio, i maggiori giornalisti italiani e studiosi internazionali per discutere di Letteratura e Giornalismo
Successe a Lucca.
Succede a Lucca…
Poco più di 80 anni
fa, un gruppo di giovani scrittori -
Arrigo Benedetti, Romeo Giovannini, Guglielmo Petroni - si ritrova al Caffè Di
Simo, in via Fillungo, insieme con gli artisti Giuseppe Ardinghi, Domenico
Lazzareschi e Gaetano Scapecchi. A questi si uniscono nell’estate altri amici,
lucchesi di nascita, come Mario Pannunzio e Sandro Volta. Pensano alla
letteratura e all’arte come amicizia, e insieme cominciano a interessarsi al
giornalismo e a collaborare ai giornali e alle maggiori riviste italiane
dell’epoca: «Il Selvaggio», «L’Italia Letteraria» e altre. Insieme si
interrogano non solo sulla necessità del rapporto fra letteratura e giornalismo
in quanto generi letterari, ma anche sul senso e sui compiti della cultura e
del giornalismo stesso, sui suoi significati e i suoi valori. Quando Benedetti
e Giovannini si trasferiscono a Roma, ritrovando ancora più di frequente
Pannunzio, si presenta la possibilità di mettere in pratica quanto pensano e
discutono, grazie alla conoscenza di Leo Longanesi alla fine degli anni
Trenta.
La nascita del giornalismo libero e
indipendente dell’Italia repubblicana si deve in larga parte ai lucchesi
Pannunzio e Benedetti, redattori di «Omnibus», quindi fondatori di «Oggi»,
successivamente del «Mondo», al quale collaborerà il fior fiore dei giornalisti
e degli scrittori italiani del secondo Novecento. Romeo Giovannini rimarrà il
fedele scudiero di Benedetti, che fonderà poi «L’Espresso» e dirigerà altri
giornali italiani, lasciandovi sempre una salda e riconoscibile impronta.
La Fondazione Dino Terra, con sede a
Villa Bottini e intitolata appunto a Dino Terra (pseudonimo di Armando
Simonetti, 1903-1995) di origine
lucchese - un altro scrittore notevole e giornalista per
«Il Tevere», «Avanti», e tante altre testate nazionali e internazionali –, ha reputato perciò che solo Lucca potesse
essere il punto di ideale ritorno e partenza per un appuntamento dedicato ad
approfondire i rapporti fra giornalismo e letteratura: da ciò il (primo) I Seminario Internazionale di Studi sul
tema. Insomma, proprio a Lucca e da
Lucca si doveva ricominciare: 1) per contribuire ad ampliare il campo degli
studi su letteratura e giornalismo, di cui in Italia si hanno cultori ferrati,
ma pochi rispetto a quanto accade nel resto d’Europa e del mondo; 2) per
ripensare al modo tanto felice, in cui quei giovani di allora fecero dialogare
cultura, letteratura e giornalismo; 3) per trasmettere alle generazioni più giovani
la consapevolezza di quei valori di libertà, indipendenza, etica, sapere,
propri di quei giornalisti lucchesi.
La
Fondazione Dino Terra, attraverso il suo Direttore Scientifico Daniela
Marcheschi, è stata invitata nel 2014 a partecipare a un seminario sul
giornalismo, tenutosi presso la Università Silva Henriquez di Santiago del
Cile; è stata inoltre una delle istituzioni internazionali di prestigio ad
essere invitata a partecipare al Comitato d’Onore delle manifestazioni 100 Orpheu, a Lisbona, per la ricorrenza
del Centenario della rivista portoghese «Orpheu», animata da Fernando Pessoa.
Riveste particolare significato il fatto che, a Lisbona, durante le
concomitanti manifestazioni del Centenario 100
Orpheu si daranno ufficialmente ampia notizia e risalto al Seminario
lucchese, alla cui eco forniranno un ulteriore contributo i canali di
diffusione di tutte le altre università e istituzioni in Italia e all’estero
coinvolte nell’iniziativa lucchese.
Enti organizzatori del I Seminario Internazionale su Letteratura
e Giornalismo sono la Fondazione Dino Terra di Lucca, il Centro Studi sulle
Letterature Europee-CISLE di Torino e Milano, ZonaFranca di Lucca e la
Biblioteca Giovannini Magenta di Lomello (Pavia).
I responsabili e i giornalisti delle maggiori pagine
culturali italiane, che interverranno al Seminario, sono Armando Massarenti del
Domenicale del «Sole 24 Ore», Antonio
Troiano della Lettura del «Corriere
della Sera», il lucchese Nanni Delbecchi per «Il Fatto Quotidiano», Alberto
Sinigaglia tra i fondatori di TuttoLibri,
«La Stampa», Alessandro Zaccuri per Agorà
di «Avvenire».
Gli studiosi, i maggiori specialisti del settore, provengono
da importanti Università e Centri di ricerca internazionali: Università di
Genova (Franco Contorbia, curatore dei meridiani Mondadori dedicati al
giornalismo), Università di Madeira e
CLEPUL dell’Università di Lisbona, Portogallo (Luisa Marinho Antunes,
autorevole e brillante critico dell’area lusofona), Università di Napoli (Pina
Paone), Università Silva Henriquez e Università Municipal di Santiago del Cile,
Cile (Jaime Galgani, uno dei maggiori studiosi di giornalismo sudamericano),
Università di Parma (Guido Conti, lo scrittore premio Hemingway e studioso di
Guareschi e Zavattini), Università di Siviglia, Spagna (Fernando Molina
Castillo), Università di Torino (Alberto Sinigaglia), Università dell’Insubria
(Flavio Santi), Centro Studi Arrigo Benedetti di Lucca (Alberto Marchi,
specialista di Benedetti), Centro Studi
Sirio Giannini-CISESG di Seravezza (Alessandro Viti), Centro Studi delle
Letterature Europee-CISLE Torino e Milano (Caterina Arcangelo e Sara
Calderoni). Per la Fondazione Dino Terra intervengono il Presidente Angelo
Genovesi e Daniela Marcheschi. Franca Severini di ZonaFranca presiederà infine
una sessione dei lavori.
Iscriviti a:
Post (Atom)