sabato 30 luglio 2016
venerdì 29 luglio 2016
giovedì 28 luglio 2016
Gli universi di Moras di Vittorio Catani (Meridiano Zero) . Dal 4 agosto in libreria
Non è possibile
un’osservazione astratta di ingiustizie e soprusi, sia pure a universi di
distanza tra noi, perché essa è connessa con l’imperativo etico che ti ordina
non solo di giudicare ma di agire per sanare quel male.
– Ti chiederai perché
proprio Bari – diceva Boghaz.
– Be’, Bari è sempre
stata sin dall’antichità, per tradizione, un tramite d’elezione verso il mondo
orientale. Ma c’è altro… prendi la religione. San Nicola di Bari. È appunto
originario dell’Asia Minore, una cittadina che si chiama Patara. E la Madonna
di Costantinopoli? La Basilica ne conserva le reliquie. È quindi naturale che
oggi Bari interpreti questa incontenibile aspirazione alle Terre Interne.
Bari, il professor
Moras è un noto esploratore di universi paralleli, figlio dell’architetto che
creò il centro UniPar dove si apre la “soglia”. Catani è uno dei più brillanti
e affermati autori di fantascienza italiani e la sua descrizione della porta
per altri universi ricorda Asimov, Zelany, Pullman. «La soglia è una specie di
porta costituita da materiale altamente instabile; se attivata, può “aprirsi”
in un varco iperdimensionale che immette in altri universi preventivamente
richiamati con codice via terminale. Si tratta, in sostanza, di una macchina
quantica». Il contrasto tra il paesaggio pugliese (a chi si trova sulle spiagge
del salento fischieranno le orecchie) e gli altri universi, vero capolavoro di
immaginazione e di fantasia, introduce la tematica chiave del romanzo. Che
rapporto c’è tra l’infinito universo (gli universi in questo caso) e la nostra
interiorità? Quale concatenazione di cause ed effetti lega la nostra psiche, il
percepito e il possibile? Come “si parlano” dentro e fuori? Moras non è un
viaggiatore comune: è il figlio dell’inventore dell’Unipar, l’architetto soprannominato
Astapor. Ha viaggiato così tanto nel “ventaglio” di universi possibili che si
sente un “Piccolo Dio”. Ma come in tutti gli esperimenti portati all’eccesso,
l’osservatore non è mai esterno al risultato, partecipa anzi agli esiti. Il
nostro prototipico protagonista è malato: ha il necro, condizione di rigetto
dei vari mondi (compresa Base, la terra) alla sua stessa esistenza. Ciò
nonostante riesce a viaggiare insieme alle sue “creature” tutelari. La più
importate è l’amante bambina: Belle, di solo 13 anni. Un amore fisico e
stilnovistico al contempo, in cui la tecnologia (i viaggi tra universi, ma
anche complesse macchine che suppliscono a bisogni corporali) ha un ruolo
fondamentale. Viaggiando per gli universi (i “continua”, come li chiama nel libro)
Moras si imbatte nel suo doppio, un essere che gli somiglia molto e la cui vita
ricorda la sua. Boghaz gli apre gli occhi: al suo fianco ci sono due donne: la
sensuale e giovane equivalente di Belle chiamata Güzel e l’anziana (ma
“tiratissima”) Desirè. Le pulsioni di vita e di morte del “Piccolo Dio” sono
vere e proprie persone e il pattern si ripete negli universi paralleli. Esiste
una terza Belle: Kaunis. Questa versione della giovanissima innamorata è però
stata costretta a sacrificarsi per la salvezza del suo universo e il
responsabile è un ulteriore doppelgänger di Moras. Ultimo personaggio è la
macchina, Jenny, la tecnologia totale che funziona come coscienza, computer
tuttofare (una sorta di Siri), deuteragonista e come confine simbolico tra umano
e non umano. Oscuri presagi si affastellano sulla vita del viaggiatore. Come
Ulisse dopo l’orazion picciola, Moras sta andando oltre la conoscibilità
dell’universo, fino ai suoi stessi limiti. Questo universo reggerà alla
curiosità dell’uomo che desidera trascendere?
Tra macchine volanti,
sesso con gli avatar, cristalli rivelatori e “giochi di ruolo” che servono per
uccidere le persone, la fantascienza di Catani è estrema e forsennata. Un libro
ben congegnato e abile nel far riflettere il lettore sui grandi interrogativi
della vita.
VITTORIO CATANI Ha
avuto traduzioni in Francia, Germania, Svizzera, Repubblica Ceca, Finlandia,
Giappone e Brasile. Si è aggiudicato per 17 volte il Premio Italia per la
Fantascienza. Oltre ai romanzi, i suoi racconti sono apparsi sulle riviste
Urania, Galaxy, Galassia, Robot, Nova Sf*. Per Meridiano Zero ha già pubblicato
Il Quinto Principio (2015).
lunedì 25 luglio 2016
sabato 23 luglio 2016
giovedì 21 luglio 2016
mercoledì 20 luglio 2016
lunedì 18 luglio 2016
sabato 16 luglio 2016
venerdì 15 luglio 2016
giovedì 14 luglio 2016
mercoledì 13 luglio 2016
“The Doors” – The Doors in direzione del prossimo whiskey bar di Giuseppe Calogiuri (iQdB Edizioni di Stefano Donno) all’Ammirato Culture House di Lecce
“The Doors” – The Doors
in direzione del prossimo whiskey bar di Giuseppe Calogiuri. Con prefazione di
Daniele De Luca (Unisalento) (iQdB Edizioni di Stefano Donno) si presenta
all’Ammirato Culture House in via di Pettorano 3 a Lecce il 18 luglio 2016 alle
ore 21,00. Interverranno insieme all’autore, il Prof. Daniele De Luca, lo
scrittore e giornalista Osvaldo Piliego e l’editore Stefano Donno.
“Ci vuole coraggio. Sì, ci vuole molto
coraggio nel chiedermi di scrivere una prefazione a un libro su di una band
degli anni '60. Perché, anche a voi che leggete, qual è il primo pensiero che
vi viene in mente? Sicuramente uno di quegli insopportabili gruppi frikkettoni,
hippie, pacifisti, lenti e insulsi sul modello di Mamas&Papas o Jefferson
Airplane (ne sono certo). Per fortuna, anche in quegli anni terribili dal punto
di vista musicale qualche luce affiorava nel buio. E, forse, una luce più di
tutte, quella di The Doors! Ed è di questa luce che questo libro vi parla.
Meglio, ve la racconta. E Giuseppe Calogiuri, conoscendo questa mia debolezza,
ha saputo trovare lo strumento e il coraggio giusto. Ma, forse, è necessario andare
per ordine... Il 4 gennaio 1967 The Doors pubblicano il loro primo album
omonimo. Non siamo in un anno qualsiasi, quel 1967 segnerà la storia degli
Stati Uniti, prima, e dell'intero mondo occidentale, poi. Già da qualche anno
le forze armate di Washington combattono lontano da casa una guerra non
ufficiale. Dall'inizio del suo mandato presidenziale, il “progressista” John F.
Kennedy ha cominciato a prendere i ragazzi del suo paese per scaraventarli
dall'altra parte del mondo. The Golden One (citando The Human League), figlio
di una famiglia arricchitasi spropositatamente grazie al commercio illegale di
alcol, ha precipitato gli Stati Uniti nel fango del Vietnam. Il suo successore,
Lyndon B. Johnson, ha continuato il lavoro. Anzi, lo ha portato alle estreme
conseguenze. Il 7 agosto 1964, il Congresso americano – approvando la H.J. Res.
1145 (conosciuta come la “Risoluzione del Tonchino”) – ha consegnato al
Presidente un assegno in bianco per portare le truppe ovunque ritenesse
necessario. È l'inizio della presidenza imperiale. E' anche l'inizio, in
pratica, della coscrizione obbligatoria per i giovani americani. Quella carne
fresca serve. È indispensabile per combattere nelle paludi e nelle giungle del
sud-est asiatico. Nel 1968, saranno ben 500.000 i soldati impiegati in Vietnam
(con infiltrazioni anche in Cambogia e Laos per inseguire i charlie). In questo
clima, le Università sono le istituzioni che, più di altre, risentono della
guerra. I ragazzi che “vincono” alla perfida lotteria della coscrizione hanno
solo tre scelte: 1) accettare l'arruolamento; 2) scappare, magari in Canada
(come Jack Nicholson); oppure 3) scegliere la strada dell'obiezione di
coscienza. La terza è una scelta difficile, ti mette fuori dalla società e, per
questo, ci vuole un coraggio enorme. Un campione sportivo all'apice della
carriera rifiuterà più volte l'arruolamento e il 20 giugno del 1967 sarà
giudicato colpevole di tradimento. Quell'uomo era Muhammad Ali! Una nuova
strada doveva essere trovata. E qui la musica sarà fondamentale come mezzo di
aggregazione per tutti coloro i quali volevano fare qualcosa. Il 1967 regalerà
alla costa occidentale degli Stati Uniti la Summer of Love e al Vecchio
Continente la spinta alla rivolta studentesca, che in Europa inizierà nel
maggio dell'anno dopo. La scintilla partita dall'Università di Berkeley, in
California, diventerà fiamma viva in altri atenei, per trasformarsi in incendio
a Parigi. Il Monterey Pop Festival del giugno 1967 sarà il pretesto che
permetterà agli studenti di unirsi, confrontarsi e cogliere tutti i segnali che
artisti come Jimi Hendrix o The Who sputavano dal palco. Segnali che, in un
modo o in un altro, volevano dire rabbia. Beh, The Doors sono figli e, insieme,
strumento di quella rabbia e di quella società americana che è confusa e
terrorizzata dai suoi stessi leader. Una società che ha visto cadere i propri
miti politici con l'assassinio di Kennedy, o quelli sportivi, con l'arresto di
Ali, e che vede, continuamente, partire i propri ragazzi verso luoghi lontani e
impronunziabili per tornare, poi, in casse avvolte dalla bandiera a stelle e
strisce. Una generazione di giovani e adolescenti che si rifugia sempre più
nelle droghe. Magari nuove droghe come l'LSD, che aprono nuove porte. E queste
porte sono quelle già narrate da William Blake e che Jim Morrison, Ray
Manzarek, Robby Krieger e John Densmore faranno proprie e attraverseranno con
l'arroganza, l'incoscienza e la rabbia dell'età. Arroganza, incoscienza e
rabbia che non si possono non condividere e abbracciare. Abbracciare anche da
parte di chi, come me, è cresciuto con e nel punk, prima, e nella new wave,
dopo. Un triade di valori e sentimenti che tutti insieme risiedono in quella
prima prova discografica e che, qui, Giuseppe Calogiuri analizza e descrive con
sapienza tecnica assolutamente invidiabile (almeno da parte di chi crede che
conosciuti due accordi si possa e si debba formare una band!). Quello che avete
tra le mani non è un ennesimo libretto sulla band di Los Angeles, no. Sono
pagine che vi faranno fare un passo avanti sulla strada della conoscenza di un
album fondamentale. Un disco con veri gioielli. E alcuni sono gioielli
sfrenatamente gotici: come non citare la bellezza fulminante di The Crystal
Ship. Pezzo che, per il chiaro riferimento a leggende celtiche, avrebbe
sicuramente fatto innamorare i membri della Confraternita Pre-raffaellita di
vittoriana memoria. Il dolore che trasuda freddo e umido da End of the Night o
l'incestuoso sangue che sgorga da The End. Pezzo, quest'ultimo, che non può non
ricordare In Cold Blood di Truman Capote e a causa del quale, soprattutto, sono
certo, il Re Inchiostro Nick Cave avrebbe venduto l'anima per poter scrivere
una murder ballad come quella. Insomma, ora basta, inutile aggiungere altro.
Giuseppe Calogiuri vi ha invitato, vi ha aperto le porte e, come avrebbe
cantato Ian Curtis: “This is the Way... step inside!” (Prefazione di Daniele De
Luca)
Giuseppe Calogiuri
(1978) è nato a Lecce e qui vive e lavora come avvocato specializzato in
diritto d’autore e degli artisti. Alla professione affianca l’attività di
chitarrista ed ha all’attivo un decennio di militanza nella prima tribute band
salentina dei Doors, con la quale ha portato il sound della band di Los Angeles
in giro per la Puglia. Giornalista e scrittore, tra i suoi lavori “Una buona
giornata” (premio “Corto Testo”), “Tramontana” (Lupo Editore, 2012), “Cloro”
(Lupo Editore, 2016).
iQdB edizioni di Stefano Donno / Sede Legale e
Redazione: Via S. Simone 74 / 73107 Sannicola (LE) / Mail - iquadernidelbardoed@libero.it
Redazione - Mauro Marino / Social Media Communications
- Anastasia Leo, Ludovica Leo
martedì 12 luglio 2016
Le storie dell’ufficiale Rizzo a San Foca (Lecce)
Nell’ambito della Rassegna Incontri
Letterari a San Foca (Lecce) presso la Piazzetta dei Pescatori, il 17 luglio
2016 alle ore 21,30 le storie dell’ufficiale Rizzo narrate da Raffaele Polo nei
libri “Un Gelato per i corvi – le improbabili indagini dell’Ufficiale Rizzo a
Lecce” e nel nuovo “O andramu pai! – le improbabili indagini dell’ufficiale
Rizzo a Calimera”, saranno le protagoniste della serata culturale. Accanto allo
scrittore Raffaele Polo interverrà l’editore Stefano Donno.
Un gelato per i corvi… ovvero le improbabili indagini
dell’Ufficiale Rizzo. Si parte da Lecce per il progetto IN GIALLO sul Salento
di Raffaele Polo per iQdB Edizioni di Stefano Donno. L’autore affida
periodicamente alla voce dell’Ufficiale Rizzo una serie di narrazioni
intrise di mistero ambientate nel Salento. Si parta da Lecce, e poi man mano
una lunga scia di inchieste e indagini colorerà di suspence il tacco d’Italia.
Dunque un modo diverso per far conoscere, amare e forse scoprire un territorio
come quello salentino che in molti, anche specialisti del settore, definiscono
come un set ideale per noir, mistery e gialli L'Ufficiale Rizzo è l'anziano
dipendente di uno strano e fantomatico Ufficio Indagini della Questura di
Lecce. Gli affidano sempre mansioni impossibili o piene di strane e singolari
coincidenze. Ogni volta in una località diversa. Ma sempre nel Salento. Lui il
suo compito lo risolve facilmente, intervallando le ricerche con letture che lo
affascinano e che gli hanno creato una cultura enciclopedica indispensabile
anche nei casi più intricati. Suo padre è ancora in vita ed è ospite in
una casa protetta. Ogni volta che va a trovarlo ecco che gli sottopone, i
giochi più astrusi della Settimana Enigmistica, a cui non può, vuoi per
dovere filiale vuoi per una curiosità da scimmia, sottrarsi. Ha un'amica, con
la quale va al cinema e che, qualche volta, sparisce per un po' di tempo,
chissà dietro quale avventura... L'Ufficiale Rizzo vive in una Lecce che pochi
conoscono: un suo amico, uno scrittore semi sconosciuto, un certo
Raffaele Polo, gli ha mostrato il segreto per spostarsi nel Tempo. Rizzo va e
viene con facilità attraverso i propri ricordi, arrivando perfino a non
distinguere più la realtà che vive ogni giorno da quella dei suoi fantastici
viaggi. Ad ogni modo … nessun problema: show must go on, il rispetto
della Legge non conosce tregua! E il Salento, terra di numerose indagini,
diventa ad ogni indagine sempre più bella, più sorprendente, magica e
affascinante come una donna misteriosa, che non si svela e rivela facilmente ad
occhi che non possono capirla fino in fondo.
In “O andramu pai! – le improbabili indagini dell’ufficiale Rizzo a
Calimera” il protagonista l’ufficiale Rizzo, per l’appunto, sposta le sue
indagini nel cuore della Grecìa Salentina … a Calinera. “Era da andare a
ricevere l'ennesimo, incomprensibile incarico che la sorte sembrava divertirsi
ad appioppargli. Se un giorno scriverò le mie memorie, pensò Rizzo, vorrei che
ci fosse il preambolo 'Gli improbabili casi salentini dell'Ufficiale', perchè,
veramente, erano sempre più improbabili e sempre più salentini...
Raffaele
Polo dagli anni
Sessanta, quando ancora nessuno osava ambientare nel Salento le proprie storie,
scrive e pubblica racconti, novelle, articoli, romanzi, saggi, tutti ambientati
a Lecce e dintorni. Nato per caso a Piacenza nel 1952, i suoi libri di maggior
successo sono Gite nell'irreale (1985), Una storia leccese (1992), Libreria
Antica Roma (2005), Le fiamme di Supersex (2007), Storie dal Salento (2011).
iQdB
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e Redazione: Via S. Simone 74
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lunedì 11 luglio 2016
venerdì 8 luglio 2016
giovedì 7 luglio 2016
mercoledì 6 luglio 2016
martedì 5 luglio 2016
lunedì 4 luglio 2016
U vizzje a morte. Il vizio della morte. Poesie 1997-2009, d'Assunta Finiguerra, a cura di Roberto Pagan e Rosangela Zoppi (Cofine). Intervento di Nunzio Festa
Se giugno quest'anno si chiude col magnifico sublime e
impareggiabile omaggio alla nostra poetessa Assunta Finiguerra, insomma con la
conclusione del Premio "Isabella Morra" 2016 dedicato proprio
all'autrice di San Fele, con riconoscimento della critica tra l'altro assegnato
alla romana Annamaria Feramosca firmataria di "Piccolamara (In lode di Assunta
Finiguerra)", qualche mese prima in libreria arrivavano già gli inediti
d'Assunta. "U vizzje a morte", infatti, ha data che porta qualche
mese prima della manifestazione, ed è un'opera davvero imperdibile sia per i
'cultori' della poetessa, sia per chi "in genere" ama la vera poesia,
i versi puri. Questo libro di poesie di Assunta Finiguerra, in dialetto
sanfelese, articolato in due sezioni, riunisce parte degli inediti dal 1997 al
2003 e parte di quelli dal 2004, anno della scoperta della malattia, al 2009,
anno della morte. Le poesie sono raggruppate in raccolte come le aveva
suddivise l'autrice. La scelta dei testi da pubblicare è basata essenzialmente
su un criterio estetico: quello di privilegiare, nell'ambito della visione e
dello stile inimitabile e personalissimo della poetessa, i caratteri di
coerenza e di omogeneità nell'ideazione e nella scrittura. I libri di
Finiguerra c'avevano già insegnato tanto. Quando, poi, avemmo l'onore qualche
anno fa d'averla a Matera nella giuria del Premio letterario "La città dei
Sassi" organizzato da associazione e rivista Liberalia, come evocato fra
l'altro tanto da Pagan quanto da Zoppi nelle loro righe di premessa e
presentazione del volume capimmo l'umanità d'una poetessa in lotta e in quiete
con la morte. La voglia di comunicazione. Di relazione. Delle descrizioni di
descrizioni di Zoppi, poi, c'aiutano a sperimentare nel presente quel rapporto
fra il luogo natio e la poetica d'Assunta: "(...) San Fele aveva anche
instillato nel suo animo quel senso di pauroso, di magico, di superstizioso,
che la induceva a guardare sotto il letto la sera, prima di coricarsi, per
accertarsi che nnon vi fossero nascoste strane presenze pronte a turbarle il
sonno. E ancora paesane e tipicamente meridionali erano quelle pratiche
stregonesche che la notte tra il 23 e il 24 giugno, festa di San Giovanni, la
spingevano a mettere fuori dalla finestra un bicchiere colmo a metà di acqua in
cui aveva fatto cadere l'albume di un uovo o di un piccolo cardo bruciacchiato
alla base". Quando ho chiuso a stampa il saggio breve "Lucania senza
santi. Narrativa e poesia della Basilicata", disconoscevo dell'esistenza
di questa mole custodita di materiale allora inedito. Adesso, per fortuna, d'una delle maggiori penne
dialettali della letteratura italiana possiamo sapere perfino quando e quanto
"Me stache allunduananne da stu munne / cu na rassegnazione ca spavende /
me sembre quase n'àlete de viende / te daje piacere cume na carezze // e guarde
ndò giuardine u cerasiedde / ca me vestije de janghe a primavere / re luatte /
appene munde ndò becchiere / è nu recorde sembe cchiù lunduane". In quel
latte di ricordi e attaccamenti per esigenza alla fede, Finiguerra finge di
rassegnarsi. E noi, mai dovremmo rassegnarci invece a scordarla.
venerdì 1 luglio 2016
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