giovedì 28 luglio 2016

Gli universi di Moras di Vittorio Catani (Meridiano Zero) . Dal 4 agosto in libreria



Non è possibile un’osservazione astratta di ingiustizie e soprusi, sia pure a universi di distanza tra noi, perché essa è connessa con l’imperativo etico che ti ordina non solo di giudicare ma di agire per sanare quel male.
– Ti chiederai perché proprio Bari – diceva Boghaz.
– Be’, Bari è sempre stata sin dall’antichità, per tradizione, un tramite d’elezione verso il mondo orientale. Ma c’è altro… prendi la religione. San Nicola di Bari. È appunto originario dell’Asia Minore, una cittadina che si chiama Patara. E la Madonna di Costantinopoli? La Basilica ne conserva le reliquie. È quindi naturale che oggi Bari interpreti questa incontenibile aspirazione alle Terre Interne.
Bari, il professor Moras è un noto esploratore di universi paralleli, figlio dell’architetto che creò il centro UniPar dove si apre la “soglia”. Catani è uno dei più brillanti e affermati autori di fantascienza italiani e la sua descrizione della porta per altri universi ricorda Asimov, Zelany, Pullman. «La soglia è una specie di porta costituita da materiale altamente instabile; se attivata, può “aprirsi” in un varco iperdimensionale che immette in altri universi preventivamente richiamati con codice via terminale. Si tratta, in sostanza, di una macchina quantica». Il contrasto tra il paesaggio pugliese (a chi si trova sulle spiagge del salento fischieranno le orecchie) e gli altri universi, vero capolavoro di immaginazione e di fantasia, introduce la tematica chiave del romanzo. Che rapporto c’è tra l’infinito universo (gli universi in questo caso) e la nostra interiorità? Quale concatenazione di cause ed effetti lega la nostra psiche, il percepito e il possibile? Come “si parlano” dentro e fuori? Moras non è un viaggiatore comune: è il figlio dell’inventore dell’Unipar, l’architetto soprannominato Astapor. Ha viaggiato così tanto nel “ventaglio” di universi possibili che si sente un “Piccolo Dio”. Ma come in tutti gli esperimenti portati all’eccesso, l’osservatore non è mai esterno al risultato, partecipa anzi agli esiti. Il nostro prototipico protagonista è malato: ha il necro, condizione di rigetto dei vari mondi (compresa Base, la terra) alla sua stessa esistenza. Ciò nonostante riesce a viaggiare insieme alle sue “creature” tutelari. La più importate è l’amante bambina: Belle, di solo 13 anni. Un amore fisico e stilnovistico al contempo, in cui la tecnologia (i viaggi tra universi, ma anche complesse macchine che suppliscono a bisogni corporali) ha un ruolo fondamentale. Viaggiando per gli universi (i “continua”, come li chiama nel libro) Moras si imbatte nel suo doppio, un essere che gli somiglia molto e la cui vita ricorda la sua. Boghaz gli apre gli occhi: al suo fianco ci sono due donne: la sensuale e giovane equivalente di Belle chiamata Güzel e l’anziana (ma “tiratissima”) Desirè. Le pulsioni di vita e di morte del “Piccolo Dio” sono vere e proprie persone e il pattern si ripete negli universi paralleli. Esiste una terza Belle: Kaunis. Questa versione della giovanissima innamorata è però stata costretta a sacrificarsi per la salvezza del suo universo e il responsabile è un ulteriore doppelgänger di Moras. Ultimo personaggio è la macchina, Jenny, la tecnologia totale che funziona come coscienza, computer tuttofare (una sorta di Siri), deuteragonista e come confine simbolico tra umano e non umano. Oscuri presagi si affastellano sulla vita del viaggiatore. Come Ulisse dopo l’orazion picciola, Moras sta andando oltre la conoscibilità dell’universo, fino ai suoi stessi limiti. Questo universo reggerà alla curiosità dell’uomo che desidera trascendere?
Tra macchine volanti, sesso con gli avatar, cristalli rivelatori e “giochi di ruolo” che servono per uccidere le persone, la fantascienza di Catani è estrema e forsennata. Un libro ben congegnato e abile nel far riflettere il lettore sui grandi interrogativi della vita.

VITTORIO CATANI Ha avuto traduzioni in Francia, Germania, Svizzera, Repubblica Ceca, Finlandia, Giappone e Brasile. Si è aggiudicato per 17 volte il Premio Italia per la Fantascienza. Oltre ai romanzi, i suoi racconti sono apparsi sulle riviste Urania, Galaxy, Galassia, Robot, Nova Sf*. Per Meridiano Zero ha già pubblicato Il Quinto Principio (2015).

mercoledì 13 luglio 2016

“The Doors” – The Doors in direzione del prossimo whiskey bar di Giuseppe Calogiuri (iQdB Edizioni di Stefano Donno) all’Ammirato Culture House di Lecce























“The Doors” – The Doors in direzione del prossimo whiskey bar di Giuseppe Calogiuri. Con prefazione di Daniele De Luca (Unisalento) (iQdB Edizioni di Stefano Donno) si presenta all’Ammirato Culture House in via di Pettorano 3 a Lecce il 18 luglio 2016 alle ore 21,00. Interverranno insieme all’autore, il Prof. Daniele De Luca, lo scrittore e giornalista Osvaldo Piliego e l’editore Stefano Donno.
 “Ci vuole coraggio. Sì, ci vuole molto coraggio nel chiedermi di scrivere una prefazione a un libro su di una band degli anni '60. Perché, anche a voi che leggete, qual è il primo pensiero che vi viene in mente? Sicuramente uno di quegli insopportabili gruppi frikkettoni, hippie, pacifisti, lenti e insulsi sul modello di Mamas&Papas o Jefferson Airplane (ne sono certo). Per fortuna, anche in quegli anni terribili dal punto di vista musicale qualche luce affiorava nel buio. E, forse, una luce più di tutte, quella di The Doors! Ed è di questa luce che questo libro vi parla. Meglio, ve la racconta. E Giuseppe Calogiuri, conoscendo questa mia debolezza, ha saputo trovare lo strumento e il coraggio giusto. Ma, forse, è necessario andare per ordine... Il 4 gennaio 1967 The Doors pubblicano il loro primo album omonimo. Non siamo in un anno qualsiasi, quel 1967 segnerà la storia degli Stati Uniti, prima, e dell'intero mondo occidentale, poi. Già da qualche anno le forze armate di Washington combattono lontano da casa una guerra non ufficiale. Dall'inizio del suo mandato presidenziale, il “progressista” John F. Kennedy ha cominciato a prendere i ragazzi del suo paese per scaraventarli dall'altra parte del mondo. The Golden One (citando The Human League), figlio di una famiglia arricchitasi spropositatamente grazie al commercio illegale di alcol, ha precipitato gli Stati Uniti nel fango del Vietnam. Il suo successore, Lyndon B. Johnson, ha continuato il lavoro. Anzi, lo ha portato alle estreme conseguenze. Il 7 agosto 1964, il Congresso americano – approvando la H.J. Res. 1145 (conosciuta come la “Risoluzione del Tonchino”) – ha consegnato al Presidente un assegno in bianco per portare le truppe ovunque ritenesse necessario. È l'inizio della presidenza imperiale. E' anche l'inizio, in pratica, della coscrizione obbligatoria per i giovani americani. Quella carne fresca serve. È indispensabile per combattere nelle paludi e nelle giungle del sud-est asiatico. Nel 1968, saranno ben 500.000 i soldati impiegati in Vietnam (con infiltrazioni anche in Cambogia e Laos per inseguire i charlie). In questo clima, le Università sono le istituzioni che, più di altre, risentono della guerra. I ragazzi che “vincono” alla perfida lotteria della coscrizione hanno solo tre scelte: 1) accettare l'arruolamento; 2) scappare, magari in Canada (come Jack Nicholson); oppure 3) scegliere la strada dell'obiezione di coscienza. La terza è una scelta difficile, ti mette fuori dalla società e, per questo, ci vuole un coraggio enorme. Un campione sportivo all'apice della carriera rifiuterà più volte l'arruolamento e il 20 giugno del 1967 sarà giudicato colpevole di tradimento. Quell'uomo era Muhammad Ali! Una nuova strada doveva essere trovata. E qui la musica sarà fondamentale come mezzo di aggregazione per tutti coloro i quali volevano fare qualcosa. Il 1967 regalerà alla costa occidentale degli Stati Uniti la Summer of Love e al Vecchio Continente la spinta alla rivolta studentesca, che in Europa inizierà nel maggio dell'anno dopo. La scintilla partita dall'Università di Berkeley, in California, diventerà fiamma viva in altri atenei, per trasformarsi in incendio a Parigi. Il Monterey Pop Festival del giugno 1967 sarà il pretesto che permetterà agli studenti di unirsi, confrontarsi e cogliere tutti i segnali che artisti come Jimi Hendrix o The Who sputavano dal palco. Segnali che, in un modo o in un altro, volevano dire rabbia. Beh, The Doors sono figli e, insieme, strumento di quella rabbia e di quella società americana che è confusa e terrorizzata dai suoi stessi leader. Una società che ha visto cadere i propri miti politici con l'assassinio di Kennedy, o quelli sportivi, con l'arresto di Ali, e che vede, continuamente, partire i propri ragazzi verso luoghi lontani e impronunziabili per tornare, poi, in casse avvolte dalla bandiera a stelle e strisce. Una generazione di giovani e adolescenti che si rifugia sempre più nelle droghe. Magari nuove droghe come l'LSD, che aprono nuove porte. E queste porte sono quelle già narrate da William Blake e che Jim Morrison, Ray Manzarek, Robby Krieger e John Densmore faranno proprie e attraverseranno con l'arroganza, l'incoscienza e la rabbia dell'età. Arroganza, incoscienza e rabbia che non si possono non condividere e abbracciare. Abbracciare anche da parte di chi, come me, è cresciuto con e nel punk, prima, e nella new wave, dopo. Un triade di valori e sentimenti che tutti insieme risiedono in quella prima prova discografica e che, qui, Giuseppe Calogiuri analizza e descrive con sapienza tecnica assolutamente invidiabile (almeno da parte di chi crede che conosciuti due accordi si possa e si debba formare una band!). Quello che avete tra le mani non è un ennesimo libretto sulla band di Los Angeles, no. Sono pagine che vi faranno fare un passo avanti sulla strada della conoscenza di un album fondamentale. Un disco con veri gioielli. E alcuni sono gioielli sfrenatamente gotici: come non citare la bellezza fulminante di The Crystal Ship. Pezzo che, per il chiaro riferimento a leggende celtiche, avrebbe sicuramente fatto innamorare i membri della Confraternita Pre-raffaellita di vittoriana memoria. Il dolore che trasuda freddo e umido da End of the Night o l'incestuoso sangue che sgorga da The End. Pezzo, quest'ultimo, che non può non ricordare In Cold Blood di Truman Capote e a causa del quale, soprattutto, sono certo, il Re Inchiostro Nick Cave avrebbe venduto l'anima per poter scrivere una murder ballad come quella. Insomma, ora basta, inutile aggiungere altro. Giuseppe Calogiuri vi ha invitato, vi ha aperto le porte e, come avrebbe cantato Ian Curtis: “This is the Way... step inside!” (Prefazione di Daniele De Luca)

Giuseppe Calogiuri (1978) è nato a Lecce e qui vive e lavora come avvocato specializzato in diritto d’autore e degli artisti. Alla professione affianca l’attività di chitarrista ed ha all’attivo un decennio di militanza nella prima tribute band salentina dei Doors, con la quale ha portato il sound della band di Los Angeles in giro per la Puglia. Giornalista e scrittore, tra i suoi lavori “Una buona giornata” (premio “Corto Testo”), “Tramontana” (Lupo Editore, 2012), “Cloro” (Lupo Editore, 2016).

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martedì 12 luglio 2016

Le storie dell’ufficiale Rizzo a San Foca (Lecce)























Nell’ambito della Rassegna Incontri Letterari a San Foca (Lecce) presso la Piazzetta dei Pescatori, il 17 luglio 2016 alle ore 21,30 le storie dell’ufficiale Rizzo narrate da Raffaele Polo nei libri “Un Gelato per i corvi – le improbabili indagini dell’Ufficiale Rizzo a Lecce” e nel nuovo “O andramu pai! – le improbabili indagini dell’ufficiale Rizzo a Calimera”, saranno le protagoniste della serata culturale. Accanto allo scrittore Raffaele Polo interverrà l’editore Stefano Donno.
Un gelato per i corvi… ovvero le improbabili indagini dell’Ufficiale Rizzo. Si parte da Lecce per il progetto IN GIALLO sul Salento di Raffaele Polo per iQdB Edizioni di Stefano Donno. L’autore affida periodicamente alla voce  dell’Ufficiale Rizzo una serie di narrazioni intrise di mistero ambientate nel Salento. Si parta da Lecce, e poi man mano una lunga scia di inchieste e indagini colorerà di suspence il tacco d’Italia. Dunque un modo diverso per far conoscere, amare e forse scoprire un territorio come quello salentino che in molti, anche specialisti del settore, definiscono come un set ideale per noir, mistery e gialli L'Ufficiale Rizzo è l'anziano dipendente di uno strano e fantomatico Ufficio Indagini della Questura di Lecce. Gli affidano sempre mansioni impossibili o piene di strane e singolari coincidenze. Ogni volta in una località diversa. Ma sempre nel Salento. Lui il suo compito lo risolve facilmente, intervallando le ricerche con letture che lo affascinano e che gli hanno creato una cultura enciclopedica indispensabile anche nei casi più intricati. Suo padre è ancora in vita ed  è ospite in una casa protetta. Ogni volta che va a trovarlo ecco che gli sottopone, i giochi più astrusi della Settimana Enigmistica,  a cui non può, vuoi per dovere filiale vuoi per una curiosità da scimmia, sottrarsi. Ha un'amica, con la quale va al cinema e che, qualche volta, sparisce per un po' di tempo, chissà dietro quale avventura... L'Ufficiale Rizzo vive in una Lecce che pochi conoscono:  un suo amico, uno scrittore semi sconosciuto, un certo Raffaele Polo, gli ha mostrato il segreto per spostarsi nel Tempo. Rizzo va e viene con facilità attraverso i propri ricordi,  arrivando perfino a non distinguere più la realtà che vive ogni giorno da quella dei suoi fantastici viaggi.  Ad ogni modo … nessun problema: show must go on, il rispetto della Legge non conosce tregua! E il Salento, terra di numerose indagini, diventa ad ogni indagine sempre più bella, più sorprendente, magica e affascinante come una donna misteriosa, che non si svela e rivela facilmente ad occhi che non possono capirla fino in fondo. 
In “O andramu pai! – le improbabili indagini dell’ufficiale Rizzo a Calimera” il protagonista l’ufficiale Rizzo, per l’appunto, sposta le sue indagini nel cuore della Grecìa Salentina … a Calinera. “Era da andare a ricevere l'ennesimo, incomprensibile incarico che la sorte sembrava divertirsi ad appioppargli. Se un giorno scriverò le mie memorie, pensò Rizzo, vorrei che ci fosse il preambolo 'Gli improbabili casi salentini dell'Ufficiale', perchè, veramente, erano sempre più improbabili e sempre più salentini...
Raffaele Polo dagli anni Sessanta, quando ancora nessuno osava ambientare nel Salento le proprie storie, scrive e pubblica racconti, novelle, articoli, romanzi, saggi, tutti ambientati a Lecce e dintorni. Nato per caso a Piacenza nel 1952, i suoi libri di maggior successo sono Gite nell'irreale (1985), Una storia leccese (1992), Libreria Antica Roma (2005), Le fiamme di Supersex (2007), Storie dal Salento (2011).
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lunedì 4 luglio 2016

U vizzje a morte. Il vizio della morte. Poesie 1997-2009, d'Assunta Finiguerra, a cura di Roberto Pagan e Rosangela Zoppi (Cofine). Intervento di Nunzio Festa


Se giugno quest'anno si chiude col magnifico sublime e impareggiabile omaggio alla nostra poetessa Assunta Finiguerra, insomma con la conclusione del Premio "Isabella Morra" 2016 dedicato proprio all'autrice di San Fele, con riconoscimento della critica tra l'altro assegnato alla romana Annamaria Feramosca firmataria di "Piccolamara (In lode di Assunta Finiguerra)", qualche mese prima in libreria arrivavano già gli inediti d'Assunta. "U vizzje a morte", infatti, ha data che porta qualche mese prima della manifestazione, ed è un'opera davvero imperdibile sia per i 'cultori' della poetessa, sia per chi "in genere" ama la vera poesia, i versi puri. Questo libro di poesie di Assunta Finiguerra, in dialetto sanfelese, articolato in due sezioni, riunisce parte degli inediti dal 1997 al 2003 e parte di quelli dal 2004, anno della scoperta della malattia, al 2009, anno della morte. Le poesie sono raggruppate in raccolte come le aveva suddivise l'autrice. La scelta dei testi da pubblicare è basata essenzialmente su un criterio estetico: quello di privilegiare, nell'ambito della visione e dello stile inimitabile e personalissimo della poetessa, i caratteri di coerenza e di omogeneità nell'ideazione e nella scrittura. I libri di Finiguerra c'avevano già insegnato tanto. Quando, poi, avemmo l'onore qualche anno fa d'averla a Matera nella giuria del Premio letterario "La città dei Sassi" organizzato da associazione e rivista Liberalia, come evocato fra l'altro tanto da Pagan quanto da Zoppi nelle loro righe di premessa e presentazione del volume capimmo l'umanità d'una poetessa in lotta e in quiete con la morte. La voglia di comunicazione. Di relazione. Delle descrizioni di descrizioni di Zoppi, poi, c'aiutano a sperimentare nel presente quel rapporto fra il luogo natio e la poetica d'Assunta: "(...) San Fele aveva anche instillato nel suo animo quel senso di pauroso, di magico, di superstizioso, che la induceva a guardare sotto il letto la sera, prima di coricarsi, per accertarsi che nnon vi fossero nascoste strane presenze pronte a turbarle il sonno. E ancora paesane e tipicamente meridionali erano quelle pratiche stregonesche che la notte tra il 23 e il 24 giugno, festa di San Giovanni, la spingevano a mettere fuori dalla finestra un bicchiere colmo a metà di acqua in cui aveva fatto cadere l'albume di un uovo o di un piccolo cardo bruciacchiato alla base". Quando ho chiuso a stampa il saggio breve "Lucania senza santi. Narrativa e poesia della Basilicata", disconoscevo dell'esistenza di questa mole custodita di materiale allora inedito. Adesso,  per fortuna, d'una delle maggiori penne dialettali della letteratura italiana possiamo sapere perfino quando e quanto "Me stache allunduananne da stu munne / cu na rassegnazione ca spavende / me sembre quase n'àlete de viende / te daje piacere cume na carezze // e guarde ndò giuardine u cerasiedde / ca me vestije de janghe a primavere / re luatte / appene munde ndò becchiere / è nu recorde sembe cchiù lunduane". In quel latte di ricordi e attaccamenti per esigenza alla fede, Finiguerra finge di rassegnarsi. E noi, mai dovremmo rassegnarci invece a scordarla.

Albedon, il mondo un'altra volta. Booktrailer.