giovedì 12 marzo 2015

"I greci di Barletta (sec. XVI-XX): storia di una integrazione sociale e religiosa" di Alfredo di Napoli (edizioni dell'Aurora Serafica) . Intervento di Angelo Sconosciuto



L'olio su tela attribuito al longevo pittore genovese Lorenzo Calvi (1502-1607), dipinto che ritrae l'Assedio della fortezza inferiore di Corone dal mare, già introduce lo stretto legame tra gli eventi di inizi XVI secolo nel mare Adriatico e "I greci di Barletta (sec. XVI-XX): storia di una integrazione sociale e religiosa", bel volume che, scritto da p. Alfredo di Napoli, inaugura il rinnovato cammino delle edizioni dell'Aurora Serafica (2014, pp. 192, s.i.p.).
Presentate dall'arcivescovo diocesano Giovanni Battista Pichierri, e con una dotta prefazione di Luigi Nunzio Dibenedetto, queste pagine recano il significativo sottotitolo “La controversia sulla chiesa di S. Maria degli Angeli” ed infatti in esse, attraverso le vicissitudini di un bene culturale ecclesiastico, si studia non solo un bel capitolo della storia ultramillenaria di Barletta, ma si valuta attentamente il rapporto tra confessioni religiose di una comunità cittadina e si offre anche una soluzione ecumenica ad una vicenda che – articolata tra questioni giuridiche di materia mista e temi di confronto tra confessioni religiose - può diventare modello condivisibile altrove, senza dimenticare gli indubbi meriti che queste pagine hanno non solo lungo il versante della storia della Chiesa e di quella locale, ma anche lungo quello, altrettanto interessante, della storia dell'arte italiana nei secoli XVI e XVII.
Di Napoli prende le mosse dalle alterne vicende vissute dalla Serenissima nei primi decenni del XVI secolo, anni nei quali «con l'avanzata dell'impero ottomano Venezia perse molte delle sue roccaforti», tra cui appunto Corone nel Peloponneso, occupata nel 1478 e liberata da Andrea Doria nel 1532 e poi quasi subito riconquistata.
«Gli esuli greci – aggiunge l'Autore – trovarono ospitalità da parte del popolo barlettano e godettero di prosperità grazie alla benevolenza di Carlo V», così come ricordarono in tempi andati anche Paolo Giovio (Delle istorie di mons. Giouio. Con la selva di uaria storia..., In Venetia: appresso Giorgio de' Caualli, 1564) e Pietro Pompilio Rodotà (Dell'origine progresso, e stato presente del rito greco in Italia, 1758-1763).
Portarono con loro, i Coronei, le tradizioni religiose a cui restarono legati «a differenza di coloro che erano rimasti in patria ed erano divenuti in gran maggioranza musulmani» e ciò è tanto vero che «officiavano nella  chiesa di San Giorgio, ma in un secondo tempo si trasferirono in un luogo più ospitale, ossia la chiesa di S. Maria degli Angeli (detta dei Greci) e l'autore, quindi, ricostruisce con grande acume il «quadro storico-artistico» nel capitolo «La città e le opere d'arte», prima analizzando l'origine del nome Barletta, quindi studiando la vita ecclesiastica di Barletta tra Canosa e Trani ed ancora notando i «passi avanti nell'organizzazione ecclesiastica e sociale», fino a descrivere con puntualità  «i segni dell'arte bizantina», ricordano nomi celebri come quelli di Donato Bizamano e del monogrammista Z. T., che già nel 1964 furono sotto i riflettori culturali italiani nella memorabile “Mostra dell'arte in Puglia dal Tardo antico al Rococo”.
Ma è nel «quadro storico-giuridico» del secondo capitolo che l'Autore studia con cura la «Vita dei greci di Barletta (1550 ca-1865)» soffermandosi sulla chiesa di san Giorgio e su quella di santa Maria degli Angeli, riflettendo su «i Greci a Barletta tra integrazione ed estinzione» e soffermandosi su «La controversia di S. Maria degli Angeli (1842-2003)», argomento che, appunto, apre le porte alle riflessioni ecumeniche poste dal p. di Napoli dopo le conclusioni, in ventidue avvincenti pagine.
Come pure si legge nella quarta di copertina: «Sono due i segni religiosi monumentali che richiamano la memoria dei greci a Barletta: la chiesa di san Giorgio e la chiesa di santa Maria degli Angeli. La prima purtroppo a tutt'oggi abbandonata; la seconda è stata: “Luogo di culto dei Coronei dal 1550 ca al 1656 ca; dal 1856 vi celebrarono i greco-cattolici; dal 1789 al 1842 e dal 1861 al 1899 invece vi furono gli ortodossi di Jannina: essi continuarono a celebrare il culto in modo discontinuo fino agli anni '40 del XX secolo. La chiesa fu luogo di culto per i latini dal 1667 al 1789 e dal 1959 al 1964”. Nel marzo del 1995 – si legge ancora – la chiesa fu riaperta per la prima volta solo pochi giorni in occasione di una visita, ma i lavori di restauro hanno permesso la sua definitiva riapertura dal 2003 fino ad oggi».
Il problema è che, dopo l'acquisizione del bene ecclesiastico da parte del Comune, «la celebrazione del culto sarà regolata dall'Ordinario dell'Arcidiocesi di Trani-Barletta-Bisceglie»e ciò ha creato un «problema di diplomazia internazionale a livello religioso» tra Comune e Arcidiocesi Ortodossa d'Italia. Ma – osserva l'autore – come affidare «esclusivamente ad una comunità greco-ortodossa» un bene culturale ecclesiastico se «non esiste più alcuna comunità del genere nel territorio di Barletta»? Meglio allora quanto fatto dall'Ordinario del luogo che – nel nome dell'Ut unum sint – ha accettato la convenzione con il Comune «in spirito di comunione», pensando che anche attraverso s. Maria degli Angeli possa consolidarsi il cammino verso l'unità. «Sarebbe una conclusione felice – scrive p. di Napoli – che anche in s. Maria degli Angeli di Barletta si possa celebrare la divina liturgia mediante un'intesa fraterna con l'Ordinario del luogo».
Così strutturato, questo libro ha già raggiunto il suo scopo e lo ha conseguito pienamente attraverso una considerevole appendice documentaria ed una corposa bibliografia, ma non vanno sottaciuti altri meriti. Due esempi, almeno, per intendersi. Le pagine di p. di Napoli, intanto, offrono ulteriori tasselli nella ricostruzione della storia di altre diocesi pugliesi. Si veda ad esempio il legame sotteso tra Barletta e la diocesi brindisina nel nome di mons. Bernardino de Figueroa. Ancora, lo studio dell'Autore indirizza lo storico dell'arte nell'approfondimento delle relazioni culturali e religiose, nel nome della comunità coronea, tra la Puglia e Venezia. Si può esser certi che queste pagine sono un buon seme gettato nel terreno: oltre ai frutti propri, ne determinerà altri e saranno negli studi di autori che da qui sapranno trarre utili spunti di approfondimento.

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