sabato 18 aprile 2015

DIRITTO E STORIA DI GIANFRANCO LIBERATI (PROGEDIT). INTERVENTO DI ANGELO SCONOSCIUTO



Molti più uditori delle sue lezioni di quanti decidano di seguire il corso per sostenere l’esame; molti più studenti ricevuti in Istituto, rispetto a quelli che devono studiare con lui per iniziare a scrivere la loro tesi di laurea. Accade ancora oggi, nella facoltà giuridica barese, e non sembri esagerato attagliare al professor Gianfranco Liberati quanto oltre novant’anni addietro accadde a Berlino e ci fu riferito da padre Agostino Gemelli su Romano Guardini. Quando il francescano propose al pubblico italiano quel filosofo e teologo, raccontò di un collega che, un giorno del 1924, lo invitò così: «Senti, manca un quarto d’ora; facciamo in tempo ad andare ad ascoltare Romano Guardini», che a Berlino allora aveva la cattedra di «Katholische Weltanschauung», cioè teneva lezioni sulla concezione cattolica dell’Universo. Ebbene, anche a Bari è accaduto – ed accade – che studenti universitari trovino un po’ di tempo, nel loro calendario di lezioni, per andare ad ascoltare Gianfranco Liberati, che insegna “Storia del diritto italiano” e “Storia delle codificazioni europee”, materie imparagonabili e, almeno in apparenza, lontane dai temi che Guardini proponeva. Eppure…
Eppure è da credere che sia la richiesta di senso della propria vita, che spinge gli studenti di questo inizio di Terzo millennio (chi scrive ha vissuto in prima persona quest’esperienza) a «frequentare» le lezioni di Liberati, così come novant’anni addietro accadeva per quelle di Guardini.
«Come sono? Perché sono qui? Perché proprio nell’attuale temperie?» Una seria ricerca storica - con la prospettiva giuridica che è quella più vicina all'uomo, che non vive da eremita ma tra i suoi simili - può agevolare risposte a queste domande e Liberati per tale motivo è così «frequentato», adesso non solo nelle aule dell’Università, ma anche in due corposi volumi, che raccolgono in maniera davvero notevole parte della sua ampia produzione di studioso capace di educare.
Se è di circa un anno addietro, infatti, la raccolta dei suoi «Scritti sul Mezzogiorno» dal titolo «Diritto e storia» (Progedit 2014, pp. 327, Euro 30,00) bisogna andare agli inizi di questo decennio, per comprendere l’ulteriore opera educatrice di questo storico del diritto di origini brindisine, che ha svolto tutto il suo percorso di docente universitario nell'Ateneo barese.
In  «Giuristi, costituzioni, codici» (Progedit 2010, pp380, Euro 20,00), infatti, egli raccolse 14 saggi ordinati sotto il comune filo conduttore dato dal ruolo “politico” del giurista. Secondo l’autore, esso si affermava nel progetto della Costituzione napoletana di Mario Pagano, «ma anche nel saggio di Michele Pironti, nutrito della scienza giuspubblicistica tedesca» ed aveva ispirato «l’arida polemica di Antonio Salandra sulla finanza locale e, insieme la solenne prosa di Giovanni Bovio, che cercava improbabili precedenti nelle fonti romane e medievali». «Solo il saggio sulla questione meridionale in un celebre quaderno della “Voce” può dirsi “stavagante”, nel senso reso canonico da Giorgio Pasquali – avverte Liberati -; nasce infatti da una singolare quanto preziosa esperienza didattica: un seminario che poté comprendere anche l'opera classica di Francesco Saverio Nitti sul bilancio dello stato italiano, e gli scritti polemici di Giustino Fortunato sull’ordinamento tributario – temi destinati a suscitare ancora una forte, e comprensibile, eco di colti dibattiti nell’assemblea costituente».
In «Diritto e storia. Scritti sul Mezzoguiorno», quindi, Liberati – nel frattempo diventato nonno (lo si apprende dall'affettuosissima dedica “a Chiara che con il sorriso rinnova la speranza”) - raccoglie ben 22 saggi e li ordina in cinque sezioni. La prima consta di un solo scritto su “L'unificazione monetaria e tributaria” e, in definitiva, sublima anni di ricerche consegnati anche ad una voluminosa monografia sulle origini del diritto tributario italiano. La seconda sezione, invece, è dedicata a «La “questione” demaniale», che da anni lo vuole non solo appassionato ricercatore negli archivi e brillante relatore nei convegni, ma anche richiesto consigliere di Enti locali alle prese ancora con gli ultimi retaggi giuridici di un sistema normativo e di una prassi giuridica che nel Sud d'Italia segnò la fine del lungo medioevo feudale e l'ingresso in una nuova epoca. Sono cinque saggi che compendiano la seconda sezione, resa ancor più comprensibile dai lettori, quando approdano a «Frammenti di storia del Mezzogiorno» (nove in tutto), raccolti nella terza sezione. Qui il «Colligite quae superaverunt fragmenta, ne pereant» di memoria giovannea, diventa elemento di un metodo storico, che da sempre viene apprezzato dagli studenti di Liberati e dai suoi colleghi interlocutori e che rendono le pagine, oltre che storicamente ineccepibili, anche insuperabili dal punto di vista letterario.
«Tra culto bizantino e nuovo giurisdizionalismo» e «Obiter dicta» sono le ultime due sezioni di un volume densissimo di contenuti. In maniera singolare, l'ultimo contributo reca il titolo «Una premessa storico-giuridica» e riguarda l'intervento al convegno su «Donne e diritto», promosso nel 2009 dalla Consulta regionale femminile del Consiglio regionale della Puglia. Poche pagine per riaffermare il valore della dignità della persona umana, che è questione più alta dell'essere uomo o donna.
«Una nuova raccolta di saggi può apparire impresa, almeno per qualche aspetto, inutile ma per molti altri persino temeraria, sol che si consideri la più evidente difficoltà di cogliere e svolgere almeno alcuni motivi fondanti. In questo caso, però, sarebbe ovvio cercare le necessaria coerenza in una operosità instancabile rivolta a tutte le regioni meridionali, e sorretta da una costante consapevolezza civile, che tuttavia rileva ormai certezze sempre più logore e nutre speranze sempre più fievoli», scrive l'autore all'inizio della Prefazione. Interpretando i sentimenti comuni ai suoi antichi allievi, si propone di porre il punto fermo alla “costante consapevolezza civile” che ha sempre animato l'agire dell'autore e di riprendere la dedica “a Chiara” per convincersi – ma non ve n'era bisogno – della necessità di queste pagine, dalle quali nascono solo stimoli utili per realizzare il bene comune.

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