Nove brani che
riportano l’attenzione sulla lingua grika e presentano Àspro, lavoro
discografico di Ninfa Giannuzzi e Valerio Daniele, come pietra focale di un
Salento non stereotipato e capace di spogliarsi e osare. Al di là della facile
retorica che vuole un Salento terra di confine, di passaggio, di
mescidazione, e qualsivoglia
connotazione o aggettivazione aggiuntiva (copioso è l’elenco propagandistico),
Àspro è un lavoro di ricerca certosina, elegante e misurato in ogni tassello di
cui si compone, che con intelligenza si libera della cornice di un maquillage
facilone, estetizzante, per flirtare con una tensione ben più radicale e
consapevole di messa in gioco e discussione, di oggettivare certe immagini per
poi liberarle dall’immagine passata e fissa, immobile, alla quale un colpevole
Salento ha relegato un patrimonio popolare di notevole pregio e dimensione umana
e culturale. Àspro (Kurumuny, 2014), di
Ninfa Giannuzzi e Valerio Daniele, vede la partecipazione di Giorgio Distante
(tromba ed elettronica), Vito De Lorenzi (tabla e tamburi), Rachele Andrioli
(voce in ndò ndò ndò), Oh Petroleum (voce in ndò ndò ndò), Alessia Tondo (voce
in ta itela), William Greco (pianoforte), Giuseppe Spedicato (basso acustico),
Emanuele Licci (bouzouki), Egidio Marullo (artwork), per gli arrangiamenti di
Valerio Daniele – esclusi aremu (W. Greco/V. Daniele), ta itela (V. De Lorenzi/V.
Daniele), bium-bò (N. Giannuzzi/G. Distante) – e la produzione artistica del
progetto Desuonatori (www.desuonatori.it),
Franco Corlianò per la consulenza sulla lingua grika, ed è edito e distribuito
da Kurumuny, promosso con il sostegno di Puglia Sounds. Riscrivere la
tradizione, potrebbe essere questa una delle colonne portanti di Àspro, laddove
il lavoro sulla riscoperta e valorizzazione del patrimonio orale e culturale
della Grecìa Salentina passa attraverso una radicale ed estrema
ricontestualizzazione dei materiali storici e culturali. Gli arrangiamenti,
essenziali e ricercati, pacati, mai eccessivi, che accompagnano i nove brani
del disco, mettono in evidenza come la tradizione possa darsi nella forma di un
passato dinamico, dunque in una dimensione presente, contemporanea, al di fuori
di una sterile attitudine celebrativa che ha più il sapore del lutto di una
cultura e che da questa esclude la vita. Àspro, che in griko significa
“bianco”, è un lavoro che apre al dialogo interdisciplinare e su questo si
sviluppa. L’artwork di Egidio Marullo rende bene l’idea del bianco e di un
mondo, fra case e paesaggi, che sul bianco si mostra in segni rapidi e decisi.
Tali segni, come fossero tracce che il tempo ha lasciato sulle pareti di case
antiche ormai dismesse, vanno a rappresentare la metafora di una tradizione che
in Àspro si dà nell’ascolto proprio in forma di traccia, di sedimento, di
persistenza. Ciò contribuisce a rendere la tradizione in forma diversa, attualizzata,
già proiettata in un tempo differente e capace di modularsi su note nuove,
contemporanee, che donano vita e non celebrazione alcuna del lutto e tradiscono
il mito particolare della tradizione. Questo procede allontanandosi dal
mitologema fondativo, poiché fra i motivi del mito, o in questo caso di una
cultura mitizzata, riscontriamo quello del contraddirsi che è proprio di una
diffusione orale che diviene parcellizzata nelle declinazioni diverse che la
tradizione assume nelle multiformi e stratificate espressioni locali. Il
tradimento è qui, però, programmatico e studiato, affrontato sul territorio
della consapevolezza e della sperimentazione che solo una articolazione
programmata e pensata dei linguaggi rende possibile. La voce, con maestria e
profondità, modula e veicola il tradimento della tradizione come alternativa
possibile, reale, di salvaguardia del patrimonio culturale che proprio nel
rinnovamento si conserva, in quanto sottoposto a vivificazione. La capacità del
mettere in discussione è una tensione volta alla ricerca che nella
strutturazione e costruzione di un linguaggio nuovo, che del passato si
arricchisce, mostra chiari i segni di una tradizione emancipata e svincolata
dal suo stesso fantasma.
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